La maiolica attorno agli anni 1835-1840, era stata donata al santuario da una pia donna sampierana, tale Argenide Pigri, che a sua volta l’aveva ricevuta in dono da Luigi Bonaparte come ricompensa per i servigi che la donna aveva reso al fratello di Napoleone, negli anni in cui costui aveva dimorato a Firenze. La robbiana rimase nel santuario di Corzano per circa quaranta anni, ossia fino a quando, in una notte del 1882, scomparve dalla nicchia in cui era custodita, rubata forse dai parenti della stessa Argenide.
Per molti mesi nulla più si seppe della maiolica, fino a che i giornali non pubblicarono la notizia che il Vaticano aveva acquistato da un mercante d’arte una preziosa opera dei della Robbia proveniente da una chiesetta della diocesi di Sansepolcro.
Immediatamente il notabile sampierano Sante Pesarini avanzò l’ipotesi che potesse trattarsi della maiolica misteriosamente scomparsa da Corzano e, deciso ad appurare la verità, fece pervenire un dettagliato rapporto al ministero degli interni. Nulla avendo ottenuto, decise di recarsi personalmente a Roma per consegnare ad un alto prelato (Vesc. Cozza-Luzi) un promemoria in cui veniva minuziosamente descritta la robbiana trafugata e chiedendo che la descrizione venisse posta a confronto con l’opera acquistata dal
Vaticano.
Non avendo l’interessamento del Pesarini sortito alcun effetto, fu lo stesso Comune di Bagno che, alcuni anni dopo (1891), decise di prendere in mano l’intera vicenda, incaricando un deputato fiorentino (avv.Pescetti) di tentare una soluzione giuridica della vertenza, che fin da subito si dimostrò alquanto difficile e dispendiosa; pertanto il Comune se ne chiamò presto fuori adducendo a pretesto il
fatto che dovesse essere il rettore della parrocchia di San Pietro in Vinculis ad occuparsene.
Così il Vaticano si trovò a trattare direttamente con il Prevosto Andrucci, che all’ epoca aveva l’impellente necessità di reperire fondi (100.000 lire!) per la ricostruzione della fatiscente chiesa di San Pietro in Vinculis, e che pertanto non tardò a trovare con la Santa Sede un accordo che poneva fine, dopo venti anni, alla vicenda: da una parte il Vaticano veniva incontro alle necessità della parrocchia con una donazione di 2000 lire, elargite quale contributo alla ricostruzione della chiesa, mentre dall’altra parte si firmava un atto liberatorio che sanciva in forma definitiva la proprietà dell’opera alla Biblioteca Vaticana.
La nostra associazione attraverso una sua foto, ha fatto ricostruire nel 2018 dall’istituto d’Arte di Sesto Fiorentino nel 2018, una copia che si trova esposta nel santuario nella stessa posizione dove era collocata quella originale.