Corzano nel periodo alto medievale fu una delle tante rocche e castelli attraverso i quali i conti Guidi di Bagno esercitavano il potere su un vasto territorio fra Romagna e Toscana.
Nel 1371 il Cardinale Anglich, commissario pontificio inviato in Romagna dal Papa Gregorio XI, lo descrive sul suo alto ed imprendibile colle, come munito di cinta muraria e di una piccola rocca “bellissima e fortissima”. All’epoca a Corzano vi erano otto focolari (cioè vi risiedevano otto famiglie).
Ai suoi piedi si trova il “borgo di San Pietro” per il quale passano, confluendo, le due strade che mettono in comunicazione la Romagna con la Toscana, cosa questa che nel tempo favorisce il nascere di un fiorente mercato con conseguente sviluppo economico del borgo stesso. All’epoca vi si contavano 24 focolari.
Poco distante vi è il ben più popoloso “Castrum Balnei” (Bagno), sede dei conti Guidi.
Nel 1404 Firenze strappa ai Guidi il feudo di Bagno con tutti i suoi territori e castelli, per cederli due anni dopo a Giovanni Gambacorti, signore di Pisa: Firenze si annette la città mentre ai Gambacorti viene ceduto “Bagno con la valle, la rocca di Corzano con le parti di Borgo S.Pietro, Castel Benedetto ,Careste, Monte Facciano, Rondinaia, Valdagneto, Castel dell’ Alpe e Larciano” (S. Ammirato, Istorie Fiorentine).
Quando nel 1424 Agnolo della Pergola, al soldo dei Visconti di Milano, nuovamente in guerra con Firenze, dilaga per la Romagna e punta sulla Val di Bagno scavalcando il monte Carnaio, trova a sbarrargli la strada la fortezza di Corzano, che oppone un’eroica resistenza stroncata solo a mezzo di inganno (G. Cavalcanti); caduta Corzano capitolano anche Bagno e Borgo S. Pietro.
Ritiratosi l’esercito milanese, ecco che nel 1433 ritroviamo signore di Bagno Gherardo Gambacorti, figlio di Giovanni, che però venti anni dopo, tradendo l’amicizia con Firenze, trama per consegnarsi con tutto il feudo ad Alfonso di Aragona, re di Napoli in guerra con Firenze: ma a questo tradimento si oppongono i valligiani che “ritte le bandiere di Firenze quegli (il Gambacorti) ne cacciarono” (N. Machiavelli, Istorie fiorentine). Firenze in premio di tanta fedeltà, estende allora la sua sovranità su quei luoghi, organizzandoli nel Capitanato della Val di Bagno (1454) suddiviso in 12 comunità: quella di Corzano, dotata di propri Statuti (1505), è formata dai popoli di Corzano, S. Piero, Castellina, Paganico e Rio Salso.
Sotto la dominazione fiorentina S. Piero si sviluppa notevolmente a discapito di Corzano, il cui borghetto cinto da mura si spopola progressivamente, fino al completo abbandono che avviene dopo il 1527, anno in cui è assaltato e incendiato dai Lanzichenecchi diretti a Roma per il celebre “sacco”.
Persa ogni importanza e abbandonata dalle sue genti, la rocca cade così in completo abbandono.
Nel 1568 , quasi mezzo secolo dopo la sua distruzione da parte dei Lanzichenecchi, la rocca di Corzano è pressoché completamente rovinata, mentre continua ad essere frequentata la piccola chiesa di San Bartolomeo ( già chiesa parrocchiale del castello) che racchiude un affresco del Quattrocento raffigurante la Madonna col Bambino per la quale i sampierani nutrono una profonda devozione. Ma nonostante siano copiose le donazioni e le elemosine (la cui gestione è affidata all’ abate di Bagno) il declino di Corzano non si arresta e la stessa chiesetta già nel 1629 “minaccia ruina et non viene offiziata” in quanto vi si dice messa solo il 24 Agosto per la festa di San Bartolomeo.
Bisognerà attendere il 1735 per assistere alla rinascita di Corzano e del suo santuario: in quell’anno infatti il vescovo di Sansepolcro Raimondo Pecchioli , notando l’ abbandono in cui versa la chiesetta, nonostante le elemosine dei fedeli siano copiose, toglie all’abate di Bagno la gestione delle offerte e le affida ad un rettore di sua fiducia, Don Lorenzo Benvenuti, che subito pone mano ad una profonda ristrutturazione. Vengono così chiusi i loggiati dalla parte del cimitero e delle rocche ottenendone due navate laterali, con conseguente ampliamento della la chiesa, viene chiusa l’antica porta di Corzano, e la parte di muro su cui era l’ affresco della Madonna viene intelaiato in una armatura di legno e posto sopra l’ altare maggiore.
Tanto zelo però andò nel tempo affievolendosi assieme alle elemosine dei sampierani, cosicché, cento anni dopo, la chiesa minaccia nuovamente rovina. Ma ecco un evento che assume i contorni del prodigio: nel 1835 una serie di scosse di terremoto funestano la vallata, cessando solo dopo che “ gli abitanti di San Piero e i popoli circumvicini andiedero a porgere vive suppliche a quella miracolosa Vergine”
Così scrive Don Giovanni Cristofaroni rettore di Corzano tra il 1835 e 1844. Grazie alle offerte divenute nuovamente generose, don Giovanni pone mano alle strutture murarie ( tetto, travi,un nuovo braccio della chiesa dal lato della rocca, la sacrestia, il piantito, il campanile ), dotando inoltre la chiesa di nuovi arredi sacri (stole,calici,messali ). Infine ripristina le due antiche feste di Corzano : Madonna delle Grazie di Corzano (domenica in Albis) e la Festa di San Bartolomeo (ultima domenica di Agosto). Tali feste, annunciate alla vigilia con fuochi nelle campagne saranno da allora celebrate con messe solenni e grande partecipazione della popolazione che si già di primo mattino si reca sul colle“per la petrosa mulattiera portando seco i desinari”
Dopo don Cristofaroni altri rettori (don Giovanni Melai, don Pietro Andrucci) si succedettero apportando ognuno significativi contributi . In particolare è proprio grazie all’ opera di don Andrucci , (coadiuvato da Pellegrino Scotti, l’ eremita che si prese cura di Corzano tra il 1895 e 1916) che la sommità del colle e la spianata antistante la chiesetta, che erano completamente privi di vegetazione, andarono progressivamente ricoprendosi di varie essenze arboree (tigli, aceri, cipressi) fino ad assumere un aspetto simile a quello che tutti conosciamo ed amiamo.